La maggior vita
La Romagna è una terra improvvisa: tragica e burlona. Cova dentro il suo fuoco. Ha il pudore e la gelosia de’ suoi sentimenti più forti. Non si appalesa, qual è veramente, se non tardi a chi l’ama. Porta quasi sempre, a sua difesa, una sguaiata maschera carnevalesca.
Regione di estremi, e passionale. Squallida mai, né subdola e vile.
La sua maggior vita è all’aperto; la sua primavera è gagliarda; la sua gioia è dinamica.
Ivi fioriscono gli uomini di colore; ivi la Politica troneggia e si ferma all’osteria, ai caffé e sulle piazze. Bisogna vivere; bisogna scuotere il torpore e l’ombra dei portici. (Antonio Beltramelli, L’uomo nuovo, 1923)
Il popolo nelle piazze
“In poche regioni d’Italia, forse in nessuna, il popolo vive ed ha vissuto le vicende della propria terra partecipando ad esse come in Romagna.
E’ nell’indole stessa dei Romagnoli essere parte attiva della società in cui vivono, contribuire con la propria mente e col proprio operare allo svolgimento degli avvenimenti che li riguardano, buoni o tristi che siano, pur di agire, essere attori e non soggetti passivi di un’azione da cui poi dipenderà la loro vita. L’indifferenza, l’indugio, l’incertezza, sono atteggiamenti che il romagnolo non ha mai conosciuto.
Si trattasse di seguire l’Imperatore o il Vescovo principe, di parteggiare per ghibellini o per guelfi, i Romagnoli furono sempre pronti all’azione.
E mantennero le caratteristiche di quel loro partecipare alla lotta, nelle simpatie e nelle antipatie che dovevano opporli gli uni agli altri.
Così la vita Comunale, l’epoca delle Signorie videro in Romagna il popolo nelle piazze, più attore che cliente … “
(Icilio Missiroli)
La piazza dei traffici, la piazza dei mercanti
Il Campo dell’Abate non era più letto di fiume. Aveva anzi un campanile da fomentare campanilismi accesi. Aveva lustro di mercato, dopo l’accordo dell’11 dicembre 1212 fra l’Abate Pietro e la Comunità. Col mercato, il Palio, da corrersi il 30 aprile, festa di San Mercuriale, e poi le processioni, i tornei, il teatro …
Botteghe e bancarelle, il commercio, gli interessi privati. Gli interessi pubblici. Il governo e la giustizia, le chiacchiere ai quattro Cantoni. Il capestro e la zocca. Questa la vita di una Piazza. (Giuliano Missirini, Guida raccontata di Forlì)
1419: Papa Martino V “… se fe’ menare suxo la lozza de sovra per vedere el tereno de Forlì, anchora per vedere el mercato perché era in quello dì lune. E fo uno bellissimo mercado perché qui arivava quaxi tuta Romagna con roba …”
(Giovanni di mastro Pedrino, Cronica del suo tempo)
1450: “ La mattina venente che fu il lunedì mi levai et andai in piazza a vedere il mercato; et passando per el Borgo Grande vedeva quelli artigiani lavorare della loro arte, le botteghe de’ mercanti molto ben fornite de mercantie et de panni de’ più colori, et ben vendere et ben comprare, le dette molto ben valere. Poi andava per el mercato …”
(Leone Cobelli, Cronache forlivesi)